Con l’arrivo della primavera, la Serra Empirica sulla terrazza delle Industrie Fluviali ha iniziato a fiorire, preparandosi per aprirsi ufficialmente ai visitatori. Non solo una collezione di piante, ma un intreccio di saperi e curiosità diverse. Molto collaborativo e molto poco specialistico.
Quando, nel 1541, realizza il Catalogus Plantarum, il catalogo delle piante fino ad allora conosciute, Conrad Gessner ha già dato alle stampe un dizionario greco-latino quattro anni prima. Fra i suoi studi ci sono la botanica, la teologia, la filologia, la zoologia, la mineralogia, la medicina. Illustra egli stesso le specie animali e vegetali che cataloga – peraltro con grande talento.
Ce lo ha raccontato Zaelia Bishop, descrivendo il lavoro mastodontico dello studioso elvetico e del suo Historia Plantarum in un capitolo della Serra Empirica. Un sapere che oggi definiremmo trasversale ma che, nel Rinascimento e non solo, era l’unico modo di intendere il sapere.
Questo intendimento negli ultimi secoli è stato definitivamente superato, sostituito da un modello – che potremmo considerare industriale – di rigida suddivisione delle competenze. Un modello che ha contribuito a grandi progressi dell’umanità e che non ha interessato solo la produzione, ma si è imposto anche sullo studio, sulla progettazione, sul pensiero. Potendo dedicare un’intera vita professionale allo studio di un singolo fenomeno, abbiamo trovato il tempo necessario a comprenderne specificità e meccanismi.
L’importanza della visione d’insieme è stata dunque ridimensionata dalla frammentazione del sapere. Ma gli ultimi anni – e l’avvento della pandemia in particolare – potrebbero darci delle indicazioni opposte.
Ora che ci ritroviamo avvinghiati alle inaspettate dinamiche della pandemia, il metodo scientifico è tornato ad avere un più consono riconoscimento, dopo anni di umiliazioni nel dibattito pubblico e nelle politiche nazionali. Ma abbiamo anche imparato che conoscere a fondo il funzionamento di un virus non basta, da solo, a decidere come una comunità debba vivere e convivere.
Torna attuale dopo decenni – forse dopo secoli – la necessità di una comprensione non più soltanto profonda, ma ampia. Comprensiva. Potremmo dire olistica.
Per realizzare la Serra Empirica, Zaelia Bishop ci ha coinvolti in un lavoro di immaginazione, ricerca, narrazione, floricoltura, allestimento e curatela, che spesso ci ha fatto pensare a questa totalità. Anzitutto per il confronto con le figure di coloro che, durante la cosiddetta età delle scoperte, hanno posto le basi per la moderna botanica. Pionieri che hanno messo a frutto le conoscenze più vaste, operando con approccio scientifico e formazione teologica, illustrando con estro piante mai viste prime, esplorando territori remoti e pericolosi. Trovandosi in un crocevia: da un lato, la crudeltà e la bellezza della natura; dall’altro, la crudeltà e la curiosità dell’essere umano.
E poi, per una confluenza di idee e cure che rende la Serra Empirica una sintesi di quanto ci impegnamo a fare alle Industrie Fluviali: uno spazio ibrido, vivo, sempre in trasformazione. Che si tratti di persone o di piante.

Ora ci prepariamo a chiudere il Primo Volume della Serra Empirica, dal titolo Rampicanti dell’Età delle Scoperte. Alla fine di questa primavera, più precisamente dal 29 maggio, diventerà un percorso espositivo dove ogni rampicante è un’opera d’arte nata dall’incontro fra l’ineluttabile prorompenza della natura (che germoglia, si arrampica, stritola, profuma, colora) e l’irrefrenabile desiderio umano di scoprire e narrare. Una serra che non è una serra ma un’esposizione vivente, aperta allo sguardo delle case che vi si affacciano tutte intorno. Un luogo dove scoprire le piante rampicanti che la popolano non solo attraverso i sensi, ma attraverso le storie della Serra Empirica già raccontate su Biosfera.
Un giardino partecipato dove confluiscono tante diverse sensibilità e saperi. Perché se conosci solo le piante non sai nulla di piante.

Copywriter e cultural manager alle Industrie Fluviali.