A fine 2020, abbiamo chiesto a 18 diverse firme di vedere il bicchiere Mezzo Pieno e provare a capire cosa salvare dell’anno della pandemia.
Ora abbiamo deciso di approfondire alcuni degli spunti emersi e dei temi che ci stanno più a cuore, e iniziamo il 2021 dando voce ai nuovi centri culturali che sorgono in spazi rigenerati.
È il fare insieme l’elemento centrale nell’analisi dei nuovi centri culturali – specie in relazione ai processi di definizione della loro identità – che ci offre in questo contributo Paola Galuffo di Periferica di Mazara del Vallo.
Quando i luoghi vengono chiusi e i simboli dell’aggregazione diventano pericolosi per la salute, questi presidi di comunità sono lo scrigno che conserva e mantiene viva la visione comune, che la protegge per non far dimenticare l’importanza del fare insieme.
Negli ultimi anni abbiamo visto quanto, sul territorio nazionale, stia nascendo e radicandosi l’attività dei Centri Culturali. Sono il risultato di un bisogno delle città, delle persone, che attraverso azioni dal basso si sostituiscono con forza e determinazione all’assenza del pubblico. Sono Luoghi che con forza si stanno determinando non solo in se stessi ma in reti, assumendo sempre più consapevolezza e centralità.
L’elemento fondamentale è che in un tempo dove le risorse sono ridotte, un tempo di sfiducia verso le azioni della politica e di sgretolamento dei legami sociali, i Centri Culturali segnano un orizzonte di trasformazione nei modi tradizionali di pensare ed abitare la città.
Sono spazi ibridi per la modalità in cui operano, soffermandosi su almeno due ambiti cruciali di azione per le politiche delle nostre città: lo sviluppo locale e la rigenerazione urbana.
Mettendo al centro la relazione persone-comunità, all’interno dei centri culturali emergono e si sviluppano i desideri, i bisogni, le competenze favorite dall’incontro e dallo scambio in ambienti dinamici e sinceri. Crescono e si ramificano le risorse attraverso una presa di coscienza di gruppo, trasformando gli spazi in luoghi. Luoghi simbolo del cambiamento locale.
L’esistenza dei centri culturali è determinante per un cambiamento collettivo, per uno sviluppo locale basato sull’insieme, sulla circolazione e sulla distribuzione equa del valore generato.
La trasformazione degli spazi è un grande insegnamento che arriva dall’esistenza dei centri culturali e dalle sue reti diversificate. Generare cultura collettivamente in spazi vuoti ed inutilizzati è la grande metafora della capacità di resistere e di azione delle persone. È la risposta più significativa che indica una presenza, di quanto sia necessaria una crescita della potenza di una comunità per avere i suoi effetti benefici sul territorio verso un cambiamento a misura di abitante.
Ma cosa succede a questi presidi di comunità, a questi laboratori civici continui quando i luoghi vengono chiusi? Quando i simboli della vicinanza, dell’aggregazione, dello scambio diventano pericolosi per la propria salute? E cosa viene chiesto ad un gestore di un centro culturale? In che modo può essere garanzia nel presente e nel futuro?
Gli viene chiesto di essere lo scrigno che conserva e mantiene viva la visione comune, che la protegge per non far dimenticare l’importanza del fare insieme.
Gli viene chiesto di reagire di fronte al vuoto ed al silenzio dei luoghi nel presente e di pensare le modalità e i contenuti per riempirli nel futuro. Gli viene chiesto di avere consapevolezza dei bisogni nuovi che emergeranno, delle vulnerabilità che si manifesteranno maggiormente, di prestare attenzione ai movimenti ed ai sentimenti delle comunità in difficoltà. Di modificare le abitudini ma di non cambiare le finalità, di cambiare la comunicazione per evitare la disgregazione e l’isolamento.
Generare cultura collettivamente in spazi vuoti ed inutilizzati è la grande metafora della capacità di resistere e di azione delle persone.
Bisogna essere oggi più che mai i motori di una nuova ricostruzione, di un risanamento di qualcosa che già presentava delle crepe ma che adesso rischia di perdere il collante, la fiducia.
Dovrà pensare a nuove forme di incontro tra le persone per guarire la paura della vicinanza, per rinvigorire nuovamente i luoghi con una sensibilità diversa.
Stimolare l’importanza del rispetto dell’ambiente per tornare ad essere abitanti dell’esterno in maniera sana.
Servirà attingere a quello scrigno custode dei sogni con tutta la forza che possediamo per immaginare una collettività che di nuovo costruisce e che condivide, che necessita di esistere.
Fare insieme sta alla base non solo della nostra sopravvivenza ma, soprattutto, della nostra stessa esistenza.
Dopo aver conseguito la maturità scientifica nella sua città di origine, Mazara del Vallo, lascia la Sicilia per trasferirsi a Padova.
Qui frequenta il corso di Laurea in Lettere Moderne per proseguire poi con il corso di Laurea Magistrale in Filologia Moderna e Critica Letteraria.
Nel 2019 attraverso un Master in Arte e Cultura - Strategie di Marketing, Comunicazione e Fundraising, ha perfezionato le sue competenze ed oggi si occupa di fundraising, management e progettazione culturale.
È co-founder di Periferica, progetto di rigenerazione urbana con sede a Mazara del Vallo nato nel 2013.
Periferica è un’organizzazione che promuove la rigenerazione urbana attraverso processi sociali, culturali ed artistici in grado di potenziare il legame tra comunità e territori.
Lo fa aiutando soggetti pubblici e privati verso la riabilitazione di aree dismesse o sottoutilizzate, ideando e sviluppando format in grado di includere le comunità all’interno di processi che generino impatto urbano, sociale e culturale.
Lo fa negli spazi di Casa Periferica, uno spazio di oltre cinquemila metri quadri rigenerato in un parco culturale e community hub, dove organizzazioni e persone si incontrano per condividere innovazione, cultura, arte e socialità.