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Riavvolgere il FILO – Tecnologia o Tradizione

Il secondo incontro di FILO – Aperitivi Filosofici è partito dalla seguente riflessione: la tecnologia è un elemento fondamentale delle nostre vite, che al giorno d’oggi è diventato necessario. La tradizione, invece, è un elemento sempre più raro da incontrare nella nostra quotidianità.

Dobbiamo provare a considerare la tradizione non come un insieme di pratiche e conoscenze che si tramandano, ma come un legame con il nostro passato e con le nostre radici. Se la tecnologia ci spinge verso il futuro e la tradizione ci tiene legati al passato, possiamo ipotizzare che, per conservare una natura più umana, abbiamo bisogno di trovare un equilibrio tra questi due poli?

Tecnologia o Tradizione

L’ospite del secondo appuntamento è stato il bar manager Biagio Maurice Gennaro, che ci ha parlato del ruolo che la tradizione continua ad avere nel suo lavoro. Per farlo, è partito dalla spiegazione di una tecnica: la lattofermentazione, anticamente utilizzata per diversi scopi, tra cui quello principale della conservazione dei prodotti.

La sua esperienza ci ha fatto riflettere sull’effetto che può generare un approccio artigianale sulla creazione di un prodotto. Se da un lato richiede un maggior investimento di tempo, una maggiore attenzione e cura di ogni fase del processo, dall’altro ci dà la soddisfazione di ottenere un prodotto finale unico, non standardizzato, in un certo senso “vivo”.  Un prodotto che unisce passione, recupero e sperimentazione.

Se i prodotti standardizzati si sono diffusi è perché sono capaci di semplificare il nostro operato e renderlo più rapido e funzionale. E proprio sulla velocità abbiamo rallentato: possiamo considerarla un’attitudine innata dell’essere umano o semplicemente è una conseguenza dello sviluppo dell’economia moderna?
Grazie a queste riflessioni basate sul ruolo del tempo nel nostro agire quotidiano, abbiamo trasformato la famosa frase “il tempo è denaro” in “il tempo è un valore”.

Sensi, tradizioni e kombutcha

Andando avanti con il dialogo, ci siamo chiesti se l’industrializzazione possa aver influenzato oltre che i nostri ritmi, anche i nostri sensi, prendendo come esempio il gusto. Abbiamo assaggiato la kombucha preparata da Biagio e il suo sapore deciso, strano, forte, ha aperto in noi ulteriori interrogativi. Siamo arrivati a pensare che il nostro gusto si sia modificato, danneggiato come conseguenza di un livellamento dei nostri sensi dovuto a proposte omologate, industriali.
O forse è tutto nella nostra testa, come ha ipotizzato qualcuno: probabilmente sono le nostre aspettative ad essere ormai uniformate e, appunto, il recupero di metodi tradizionali può aiutarci a riscoprire le differenti sfumature di ogni cosa

La tecnologia ha cambiato le nostre vite, ha influito sulla cultura e favorito la globalizzazione. I saperi e le conoscenze si sono mossi da un continente all’altro e con loro anche le tradizioni che in passato erano tramandate a voce, solo per vicinanza. Questa può essere vista come una fusione di tradizioni, una contaminazione. La domanda, ancora una volta, è da rivolgere a noi stessi: Ci piacerebbe un futuro fatto di tradizioni globalizzate? O rischiamo di non riconoscerci più come individui con una storia e una tradizione alle spalle?

È una questione di approccio

Nessuna demonizzazione: il tecnologico ci ha anche permesso di tornare, molto spesso, all’analogico, al recupero dei metodi tradizionali, con una maggiore consapevolezza.
Per fare un esempio: abbiamo imparato a scattare fotografie con i nostri smartphone e, chi ha voluto espandere il proprio perimetro di competenza, ha utilizzato strumenti più datati, più precisi ma anche più difficili da utilizzare, che richiedono un approccio più lento, misurato e ragionato.

Perché è vero che la tecnologia semplifica i processi e aumenta le possibilità ma dalle nostre capacità umane è impossibile prescindere.