Nel quarto e ultimo incontro di FILO – Aperitivi Filosofici siamo Partiti dall’immagine di Narciso: un uomo ripiegato su se stesso, incapace di instaurare una relazione col prossimo, impermeabile ai contatti. Un individuo chiuso nell’assenza di legame e condannato alla contemplazione perpetua della sua sola immagine. Questo ci riporta alla mente uno scenario contemporaneo: individui ripiegati sui propri smartphone, chiusi in un universo parallelo, anche durante lo svolgimento di azioni quotidiane come una corsa in metro o una passeggiata.
L’ammonimento racchiuso nel mito di Narciso tuttora ci riguarda mentre osserviamo i nostri selfie, il nostro riflesso nello schermo?
Individuo o Comunità
La nostra ospite, Olimpia Parboni Arquati, psicoterapeuta, ci ha regalato una nuova prospettiva: il narcisismo, dice, ha anche delle accezioni positive. Esiste un narcisismo sano che ci aiuta ad amare noi stessi e, di conseguenza, ad amare il prossimo.
Il prossimo è, per noi, fondamentale: la nostra identità si sviluppa grazie allo sguardo che l’altro ci rivolge, si sviluppa nel legame con coloro che ci circondano, con la comunità.
Uscendo dalla torre
Ecco, dunque, la comunità. Abbiamo provato a riassumerne il senso in una definizione: un insieme di persone nato da un legame volontario di tipo affettivo, simile alla dimensione familiare. Un luogo che possiamo riconoscere e all’interno del quale ci sentiamo riconosciuti.
Allora, perché spesso ci rifugiamo nell’isolamento? Le relazioni sono impegnative, difficili, richiedono rispetto, cura e attenzione. Sarebbe più facile rifugiarsi in una torre solitaria evitando ogni genere di responsabilità.
Ma la nostra natura umana non gode della solitudine prolungata, per questo dovremmo uscire dalla torre e fare un passo verso l’altro. O, ancora meglio, fare un passo dentro di noi e metterci in una posizione di accoglienza nei confronti del prossimo, una posizione di apertura, che abbatte i muri e ci espone all’altro, con tutto ciò che comporta.
L’altro -come è già capitato di dire- ci fa da sponda. Il prossimo pone un limite al nostro modo di fare individualista e ci fa entrare in contatto con la nostra necessità di essere in relazione. A ogni nostra azione corrisponde una reazione: la prossimità ci dà la misura dell’esistenza umana (che sia la nostra o dell’altro da noi) e crea dentro di noi un’implicazione morale.
Un equilibrio
Una delle strade percorribili (come vediamo anche dalle tendenze del web con le community) è quella delle micro comunità: ovvero quegli spazi di aggregazione in cui riusciamo a trovare una relazione con una dimensione più umana perché sentiamo di condividere il nostro pensiero con gli altri facenti parte del gruppo.
Così nelle piccole comunità l’individuo è capace di sentirsi libero, rispettato e rispettoso, in dialogo, guarda e viene guardato negli occhi.
In una dimensione ristretta, è più facile riuscire a mantenere un equilibrio e ritrovare se stessi?
Riflessione a margine
Dal primo ciclo di incontri sono emersi molti dubbi, ci siamo posti domande e non sempre abbiamo trovato delle risposte. Abbiamo raggiunto nuove consapevolezze? Forse sì, ma quello che è certo è che abbiamo riscoperto la dimensione del dialogo, della relazione.
Insieme abbiamo cercato di scavare la superficie del quotidiano per trovare una nuova e condivisa profondità. Ognuno di noi si è messo in gioco e questo ha permesso la nascita di una nuova dinamica comunitaria. Rallentare e riflettere anziché correre e consumare, questo è quello che abbiamo fatto e la consideriamo già una piccola rivoluzione.
Grazie di cuore a voi, questo progetto ha potuto prendere vita soltanto grazie alla vostra collaborazione.
Ci vediamo in autunno!