Con Mezzo Pieno, raccogliamo testimonianze e riflessioni di chi si occupa a vario titolo di editoria, istituzioni, produzione culturale, turismo, inclusione, ricerca scientifica, ambiente, disabilità, psicologia, giornalismo e design attorno alla domanda: cosa possiamo salvare dell’anno della pandemia?
Oggi risponde Francesca Ceccarelli, founder di Frisson Magazine

Il valore dell’offline
Ripensare le modalità di comunicazione in funzione dei tempi non è solo creare nuovi spazi, nuovi strumenti e nuove tecnologie
Francesca Ceccarelli
Vedere il bicchiere “mezzo pieno” è da sempre uno dei miei punti forti sul piano professionale: tuttavia quest’anno, che tanto ha minato le nostre certezze, ha messo a dura prova anche questa mia attitudine consolidata ed è una bella sfida rispondere a questa domanda!
Il mio lavoro si divide fra quello di designer grafica, quello di docente e quello di editrice della testata cartacea Frisson, ruoli che molto spesso si incontrano e si fondono. Eppure in tutti e tre sono chiamata a rispondere alla stessa esigenza: comunicare. Che sia attraverso l’aspetto visivo (nel primo caso) o attraverso parole, fotografie, immagini, riflessioni (negli altri due) il mio obiettivo è sempre quello di saper trasmettere qualcosa a chi guarda, legge o ascolta: saper emozionare attraverso la comunicazione. Per farlo, ho l’esigenza di adeguarmi alla contemporaneità, sfruttandone i più recenti mezzi e linguaggi, o creandone di nuovi quando è necessario.
Eppure la comunicazione è fra gli aspetti che ha subito un cambiamento maggiore in questo anno: chius* dentro le nostre abitazioni, abbiamo dovuto ripensare nuove modalità per comunicare, nuovi “spazi” e nuovi tempi, che ormai sono già entrati nella nostra quotidianità.
C’è un aspetto che, dal mio punto di vista, voglio sottolineare come positivo, ed è il valore dell’offline. Proprio così, in controtendenza con l’iper-connessione che abbiamo vissuto nei mesi del lockdown (e che, ahimè, ci accompagnerà anche per parte del 2021), vorrei riflettere invece su quanto accade a schermi spenti.
Non è mia intenzione fare il solito discorso retorico che demonizza l’uso della tecnologia in favore di uno stile di vita meno “digital” e più “autentico”, quanto porre l’accento su una maggiore cognizione delle possibilità dei mezzi e delle modalità non online.
Si parla sempre di quante opportunità abbia aperto la tecnologia – e l’ha fatto, indubbiamente! – e di quante iniziative non si sarebbero potute svolgere, altrimenti. Tutto vero: moltissimi eventi si sono tenuti online e c’è stata una maggiore accessibilità a tante attività che si sono svolte in ogni parte del mondo.
Tuttavia, dal mio lavoro come editrice e direttrice editoriale di una rivista cartacea trimestrale, ho potuto comprendere che ripensare le modalità di comunicazione in funzione dei tempi non è solo creare nuovi spazi, nuovi strumenti e nuove tecnologie.
Era tutto così evanescente e labile, e proprio allora è stato importante avere anche un mezzo di comunicazione cartaceo e concreto
Quando abbiamo pubblicato il terzo numero di Frisson era aprile, eravamo in pieno lockdown e abbiamo affrontato tantissime difficoltà logistiche (tanto più perché siamo indipendenti) che hanno ritardato la nostra uscita. Eppure molte persone hanno aspettato con un fermento che non immaginavamo: abbiamo capito che avevano bisogno di sedersi, svuotare la testa, aprire una rivista e gettarsi fra le pagine colorate e profumate di un oggetto “fisico”. Staccare la spina, letteralmente. Intendiamoci, essendo editrice di un magazine cartaceo, so bene che questa è l’esperienza che cerca chi vuole leggere una rivista come Frisson. Il mio stupore, però, è stato in relazione al momento che stavamo (e stiamo, per certi versi) vivendo: eravamo tutt* iper-connessi ed era tutto così evanescente e labile, e proprio allora è stato importante avere anche un mezzo di comunicazione cartaceo e concreto.
Questo mi ha dato lo spunto per riflettere maggiormente sul ruolo e sugli obiettivi di chi lavora nel settore della comunicazione e, nello specifico, sull’importanza di continuare a far esistere una rivista culturale cartacea in un’era instabile e con poche certezze. Sull’importanza di sapere emozionare attraverso mezzi di comunicazione capaci di tenere il nostro pensiero e la nostra anima “online”. Per davvero.
Cresciuta come graphic designer, dopo la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Roma si è specializzata nella grafica editoriale, lavorando - tra gli altri - alla progettazione grafica di numerose testate: DC networks, Emmei, Corriere dello Sport, Il Fatto Quotidiano, FQ Millennium continuando ad occuparsi di comunicazione a 360° e mantenendo vive la competenza e la passione per l'illustrazione.
Nel 2019 ha fondato la testata giornalistica indipendente Frisson, il primo magazine indipendente che parla di sessualità, piacere, diritti e intersezionalità, di cui è direttrice editoriale.