Smart working per davvero

Smart working per davvero

Se volessimo identificare i trend topic di questa lunga esperienza pandemica, dopo un vasto vocabolario sanitario e il distanziamento sociale, dovremmo registrare certamente lo smart working
Smart working è stata un’espressione onnipresente nelle cronache più o meno superficiali dell’adattamento collettivo al coronavirus. Presto ci siamo abituati a familiarizzare con un’espressione che è servita immediatamente ad identificare il lavoro da casa. Nascondendo dietro una modernizzazione del linguaggio una completa semplificazione di un approccio diverso al lavoro al quale l’Italia fatica ad abituarsi. Quello che non prevede di timbrare il cartellino dentro casa e restare a lavorare seduti al tavolo della cucina per nove ore di seguito. Ma una modulazione degli spazi e dei tempi del lavoro attorno al lavoratore. Smart working, per davvero.

Lo smart working in Italia

Nonostante in Italia la legge disciplini il lavoro agile già dal 2017, a questo non corrisponde una dimestichezza diffusa con cosa significhi. Né una consapevolezza circa la sua dimensione. Eppure, come ricorda Osservatori, i numeri sembrano indicare che sia la Pubblica Amministrazione che le aziende abbiano avviato diverse pratiche e iniziative inquadrabili come smart working.

Innegabilmente, molti modelli di organizzazione lavorativa sono consolidati a tal punto da rendere difficile immaginare come superare certe criticità per favorire il benessere delle persone. Sempre secondo Osservatori, molte grandi aziende che dichiarano di aver adottato soluzioni di lavoro agile, hanno perlopiù attivato forme di telelavoro che nulla semplificano nella vita delle persone.

Proprio per questo si rende necessario lo sviluppo di quegli hub capaci di avvicinare le esigenze aziendali, professionali e personali dietro un rapporto di lavoro.

Certo, come Industrie Fluviali parliamo da uno di quei tanti avamposti di questa prospettiva, e queste considerazioni non aggiungono molto a quanto normalmente sosteniamo. Non ultimo gli sforzi che abbiamo investito nel realizzare il nostro nuovo Coffice. Ed abbiamo già analizzato come alcune convinzioni possano scontrarsi con le perplessità legate a questo periodo. 

Diritto al benessere

Il fraintendimento fra smart working e telelavoro, però, rende evidente la necessità di proteggere i lavoratori dal rischio di trasferire dentro casa le dinamiche (incluse quelle meno virtuose, finanche nocive) dell’ufficio senza beneficiare di una normale vita sociale. 

Occorre un sistema che premi le soluzioni e le idee in grado di avere un impatto sociale positivo senza sfavorire la produttività delle aziende. E che non perda di vista il benessere non solo finanziario delle persone, stabilendo dei confini all’intrusione che, complice l’accesso ininterrotto alla rete di cui facciamo quotidiano abuso. Come scritto da Simone Cosimi su Wired: “Se continueremo con il cosiddetto smart working, ci servirà il diritto alla disconnessione”.

Il diritto alla disconnessione sembra una provocazione, ma dovrebbe costituire l’ossatura di qualsiasi ragionamento circa la costruzione di una dimensione lavorativa equilibrata, funzionale e intelligente.

Smart working, per davvero.

Autore

La ciurma delle Industrie Fluviali raccoglie dentro Biosfera le idee più stimolanti e i punti di vista più illuminanti. Arte, innovazione sociale e sviluppo del territorio sono i temi che ci interessano maggiormente, e ci impegniamo a intercettarli per alimentare un vero e proprio ecosistema della cultura.