Lo abbiamo già detto, ma lo ripetiamo: la pandemia ha reso ancora più evidente la necessità di ripensare tempi e luoghi di lavoro, perlopiù fermi ad un modello sempre meno compatibile con la società contemporanea. E i coworking di tutto il mondo stanno mettendo in campo capacità di analisi e soluzioni creative per intercettare bisogni che fino a qualche mese fa erano meno evidenti.
Al solito, ciò che più serve sono buone idee, creatività, immaginazione. E quindi, coworking di tutto il mondo, sbizzarritevi! Ok, ma come?
I vari lockdown rendono spesso impossibile condividere uno spazio di lavoro. Però ci sono caratteristiche che rendono i coworking naturalmente più preparati a cogliere le sfide che da questi lockdown scaturiscono. Prossimità, flessibilità, sinergia, sono gli ingredienti per fronteggiare le difficoltà di attuare un vero smart-working, di percorrere lunghi tragitti e di sostenere i costi di una sede tradizionale.
E poi, i coworking sono spazi dove i designer possono sperimentare soluzioni innovative per creare ambienti emozionanti, rilassanti, divertenti. Lontani anni luce dagli ambienti standardizzati degli uffici, degli studi, delle fabbriche. Non solo scrivanie e macchine per il caffè: tutto l’ambiente (naturale, urbano, interno, esterno) concorre a realizzare un habitat capace di migliorare l’esperienza lavorativa di molti.
Ed ecco che sorgono coworking sulle spiagge, fra i monti, nei boschi. Coworking gestiti e dedicati a comunità di sole donne, o pensati per le industrie creative, o per il comparto sportivo.
Ne abbiamo passati in rassegna alcuni. Certo, nessuno è bello come Fluvio, il coworking di Industrie Fluviali. Ma se la cavano bene anche loro.
Beachub, il coworking sulla spiaggia

Quello che secondo Forbes è il miglior coworking di tutta l’Asia, nasce partendo da una considerazione che troneggia nella home del loro sito: al giorno d’oggi, trascorriamo il 95% delle nostre vite in città. E così, le scrivanie, gli uffici e le meeting room di Beachub si susseguono lungo 120 metri di litorale sull’isola di Koh Phangan, un vero paradiso caratterizzato da barriere coralline, sabbia bianchissima e palme da cocco.
Un coworking che ha fatto molto parlare di sé (dalle colonne del Wall Street Journal a quelle dell’Huffington Post), e che si prepara ad aprire nuovi hub alle Hawaii, in Messico, a Bali e in Costa Rica.
Beachub, Koh Phangan (Thailandia)
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Duke Studios, dedicato ai creativi

Il grande edificio di mattoni rossi nel centro di Leeds dove sorgono i Duke Studios, custodisce uno dei coworking europei maggiormente orientati alle industrie creative. Fondato nel 2011 da Laura Wellington e James Abbott Donnelly con il preciso obiettivo di favorire la crescita di una comunità di creativi. E in effetti questa marcata attitudine e i suoi servizi più peculiari – che includono il taglio laser e la sagomatura del vinile – hanno contribuito ad attirare una folta comunità di animatori, sviluppatori, designer, makers, fotografi, film maker, architetti e scrittori.
Duke Studios, Leeds (UK)
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Lavorare in un caravan fra i boschi

I Paesi Bassi sono fra i paesi dove la cultura del campeggio, del camperismo e della vita all’aria aperta è più radicata. Non sorprede, allora, che dal 2015 uno dei più singolari coworking di tutto il mondo attraversi il paese, in particolare nei dintorni di Utrecht ed Amsterdam, con i suoi caravan attrezzati sia per alloggiare che per lavorare, con spazi di coworking e caravan allestiti per riunioni da 6 persone. Kantoor Karavan nasce dal desiderio di una vita a maggior contatto con la dimensione naturale, al pari di vari coworking che, in tutto il mondo, trovano spazio fra i boschi, come il canadese Canopy, il progetto tedesco Workinforest e Cowork Cascais, in Portogallo.
Kantoor Karavan, itinerante (Paesi Bassi)
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Make a Lemonade, uno spazio per donne

Se la vita ti dà limoni, fai limonate. È così che a Toronto nasce una comunità al femminile, con spazi di lavoro riservati alle donne – e a chi si identifica come donna – e una programmazione di eventi aperta a tutti. Uno spazio inclusivo e premiato per il suo design.
Anche a Roma abbiamo assistito alla nascita di uno spazio coworking ottimizzato per favorire la vita professionale di molte donne: realizzato dall’associazione Città delle Mamme nel quartiere Centocelle, l’Alveare è un coworking di dimensioni contenute ma ricco di servizi finalizzati a migliorare la vita lavorativa delle mamme e non solo, come lo spazio baby (purtroppo ancora una rarità anche per i coworking) e lo sportello d’ascolto.
Make Lemonade, Toronto (Canada)
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Un coworking nel cuore delle Alpi

Se in Thailandia è facile soddisfare i desideri di chi cerca di coniugare la vita professionale con l’amore per il mare, è più difficile farlo nella verde Svizzera. Così nel comune di Bagnes e più precisamente a Verbier, località sciistica sulle Alpi a 1.500 metri d’altitudine, è nato Mountain Hub Verbier, il coworking ideale per gli amanti della neve e dell’alta montagna. Nelle finalità di MHV c’è lo sviluppo di un ecosistema dove possano interagire cittadini, proprietari di seconde case, turisti ed aziende.
Mountain Hub Verbier, Bagnes (Svizzera)
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Nel centro delle metropoli

Non c’è necessariamente bisogno di spiagge incontaminate e placide foreste per sperimentare la condivisione dell’ambiente di lavoro in spazi innovativi per concezione, locazione e progettazione. Molti coworking sono stati il motore di una trasformazione urbana fatta anzitutto di recupero, rigenerazione e riutilizzo, spesso nel centro di enormi metropoli.
È il caso di The Farm, che in tre diversi spazi di Manhattan – a Soho, Nomad e Nolita – ha ricavato quelli che, secondo DeskBookers, sono fra i 10 migliori coworking di tutto il mondo.
The Farm, New York City (USA)
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E anche quello dell’ex-fabbrica di oppio nel cuore di Shangai che ospita WeWork Weihai. La multinazionale americana ha trasformato un edificio in stile inglese di fine ‘800 in un’architettura appariscente e dinamica, pensata per testimoniare le stratificazioni culturali e urbane che si sono succedute in oltre un secolo.
WeWork Weihai, Shangai (Cina)
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Nello stesso solco si inserisce il Crew Collective & Café di Montreal, un coworking con una particolare cura nell’offerta gastronomica ricavato nella Royal Bank Tower (la quale, quando venne completata, nel 1928, era il più alto edificio dell’Impero Britannico) dove un tempo sorgeva la sede della Royal Bank of Canada. Un capolavoro di decorazioni neogotiche che mette in evidenza, ancora una volta, l’intersezione fra passato e futuro.
Crew Collective & Café, Montreal (Canada)
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Un’intersezione fra passato e futuro ancora più evidente presso il Neuehouse Bradbury di Los Angeles. La sua sede, il Bradbury Building, costruito nel 1893, viene considerata uno degli edifici più iconici della città. Con le balconate e i corrimano fittamente decorati in ferro battuto, il suo atrio lascia letteralmente senza fiato.
Neuehouse Bradbury, Los Angeles (USA)
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I coworking in Italia
Anche in Italia, le buone pratiche di rigenerazione urbana contemplano sempre uno spazio dedicato al coworking, in un circolo virtuoso che coinvolge aziende, istituzioni e operatori culturali. Lo vediamo negli hub culturali come Industrie Fluviali, dove la mission civica è il collante di azioni che integrano il benessere pubblico alla crescita aziendale e professionale. Ma lo vediamo anche nei progetti delle grandi multinazionali del coworking, che spesso trovano nei luoghi dismessi delle città le location ideali. Per fare un esempio, nell’ex-area industriale di Ostiense, dove sorgono anche le Industrie Fluviali, la multinazionale Talent Garden ha inaugurato il co-working più grande d’Italia. Ma la zona, coi suoi edifici dismessi, ha attirato altri importanti gruppi, da Cowo a Regus, segno della carica di innovazione che i coworking portano con loro.
Copywriter e cultural manager alle Industrie Fluviali.
La ciurma delle Industrie Fluviali raccoglie dentro Biosfera le idee più stimolanti e i punti di vista più illuminanti. Arte, innovazione sociale e sviluppo del territorio sono i temi che ci interessano maggiormente, e ci impegniamo a intercettarli per alimentare un vero e proprio ecosistema della cultura.