Una didattica diffusa contro la povertà educativa

Per una didattica diffusa

Le pandemie hanno sempre costretto gli esseri umani a rompere con il passato e a immaginare il loro mondo da capo.
Questa non è diversa.

Arundhati Roy, Aprile 2020

Si stima che in Italia più di un milione di minori viva in condizioni di povertà assoluta, vale a dire in uno stato di povertà sia materiale che educativa. L’attuale crisi ha ulteriormente peggiorato un quadro già di per sé molto preoccupante. Nel report di Save the Children intitolato Riscriviamo il futuro. L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa, si esamina la situazione italiana di famiglie e bambini durante il lockdown della scorsa primavera. Restituendo uno spaccato sulla povertà materiale ed educativa nel nostro Paese piuttosto allarmante. 

La povertà educativa indotta dalle limitazioni necessarie per far fronte all’emergenza Coronavirus ha privato i minori – soprattutto quelli appartenenti alle fasce più “fragili”, in situazione di disabilità e/o disagio economico – di competenze cognitive e socio-emozionali indispensabili per un corretto sviluppo e benessere.
All’impoverimento educativo si somma il disagio economico, con ulteriore aggravio per i soggetti più svantaggiati. E con un impatto preoccupante anche in termini di paura per il futuro e demotivazione, più o meno coralmente avvertita. La pandemia ha palesato, se non addirittura acuito, fragilità e disuguaglianze sistemiche, in Italia come in tutto il mondo.

Durante i mesi di lockdown si è fatto il possibile per non interrompere l’apprendimento dei bambini e ragazzi, soprattutto attraverso l’utilizzo diffuso (non sempre corretto, sicuramente non equo) della didattica a distanza. 
Tali pratiche sono risultate nel complesso problematiche e poco efficaci poiché è chiaro che, anche nelle prassi più virtuose e riuscite, non possono sostituire l’azione educativa fondata sulla relazione dal vivo. 

Il risultato è che la deprivazione educativa subita dai minori durante la primavera del 2020 si è protratta fino ad oggi. Certamente è nel frattempo maturata una consapevolezza condivisa, a livello istituzionale e sociale, circa la precedenza dell’istruzione in presenza sulle altre istanze di “riapertura”. Se, mentre si lavorava alla riapertura di palestre e discoteche, la scuola sembrava essere derubricata a servizio non essenziale di complessa gestione, tra settembre e ottobre le scuole sono state riaperte nella ferma convinzione di non arretrare su tale scelta, riconoscendo loro il ruolo fondamentale che rivestono.

Sarà necessario decidere, una volta per tutte, che l’istruzione è il principale pilastro sul quale fondare la nostra società

Nella pratica, però, lo scontro con le limitazioni imposte dalla perdurante pandemia ha prodotto, nel migliore dei casi, orari ridotti e classi dimezzate. È una situazione destinata a risolversi col risolversi della pandemia, certo, ma sarà difficile recuperare le carenze educative che si vanno frattanto accumulando. Soprattutto per via di un annoso ritardo del rinnovamento del nostro modello educativo, dell’endemica scarsità di risorse a disposizione degli istituti scolastici, della mancanza di un impegno programmatico e lungimirante. Tutte condizioni che hanno fatto trovare l’intero sistema dell’istruzione in Italia completamente impreparato a fronteggiare le ulteriori difficoltà arrecate dal coronavirus.

Per sopperire con elasticità a queste carenze, sarà necessaria, più che mai, la sensibilità di tutti quegli attori impegnati nel mantenere saldo il tessuto civico delle nostre comunità. Delle associazioni e delle ludoteche che hanno potuto tenere aperti i loro spazi. Delle biblioteche di quartiere, dei formatori che progettano proposte didattiche extrascolastiche. Di quei presidi territoriali di innovazione culturale e sociale dei quali, su Biosfera, abbiamo spesso parlato. Per partecipare tutti alla formazione di bambini e ragazzi: una forma di didattica diffusa, condivisa, permanente.

Ma sarà soprattutto necessario decidere, una volta per tutte, che l’istruzione è il principale pilastro sul quale fondare la nostra società. E che la condivisione dei processi di apprendimento (sia che essa avvenga nelle aule scolastiche, sia che trovi altre dimore) è la base su cui costruire comunità forti, coese, solidali.

Autore

Laureatasi presso l’Università Sapienza di Roma, negli anni universitari studia fotografia e lavora come attrezzista in teatro e ricercatrice presso l’Archivio Gerardo Guerrieri.
Per dieci anni è stata responsabile di produzione per la Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca e il Festival della Valle d’Itria, festival internazionale di opera lirica e musica classica. Si è occupata di ricerca e sviluppo per le Industrie Fluviali.
Sogna spesso, soprattutto di giorno, ma la pandemia le sta curando l’insonnia, quindi ora sogna spesso anche di notte.

Autore

Copywriter e cultural manager alle Industrie Fluviali.